OLTRE LA FESTA DELL’8 MARZO

Quest’anno la festa delle donne ha assunto rilevanza e qualità grazie anche alla loro recente discesa in piazza che, rivolta alla riconquista della ferita dignità, aveva dato il segno della loro grande capacità di mobilitazione trasversale e di intervento politico contro le varie forme di discriminazione.

Perciò l’8 marzo ha avuto enorme partecipazione ed entusiasmo, le rivendicazioni sono state molte, altrettanti i propositi espressi, dichiarata e determinata la volontà di costituire un movimento apartitico che mantenga attiva nei confronti delle istituzioni la rivendicazione di libertà e uguaglianza contro le persistenti discriminazioni di genere.

Ora è assolutamente opportuno evitare che, passata la festa, la voce si spenga e tutto prosegua come prima, così come è opportuno non delegare tutto ai partiti politici, già esistenti o nuovi: non hanno risolto finora e dunque devono essere controparte, insieme alle altre istituzioni, nei cui confronti svolgere l’azione di dibattito, di suggerimento, di pretesa e di controllo. Dunque, è giusta la scelta di un movimento che sia persistente e apartitico.

Ma è anche opportuno che il movimento non sia solo delle donne e solo per i problemi delle donne: ogni discriminazione pone sempre, essenzialmente, un problema di cultura; e la cultura che non discrimini in ragione del genere deve essere assorbita anzitutto dai maschi. Dunque, è bene che il movimento sia della società civile, nella sua completa composizione femminile e maschile.

Quanto ai problemi da trattare, certamente quelli relativi alla discriminazione della donna devono identificare e qualificare il movimento, ma non bisogna dimenticare la connessione e l’interdipendenza che lega più aspetti di una cultura; quindi proprio per il fine specifico che si persegue è opportuno dare un respiro più ampio agli interventi, cogliendo tra l’altro l’occasione per dare prova di come la donna sia sensibile e anche più capace in ordine all’esigenza della più ampia correttezza nei rapporti intersoggettivi.

E’ inoltre importante non vedere il movimento come azione esclusivamente rivolta ad ottenere, con manifestazioni di piazza, una serie di provvedimenti normativi che disponendo obblighi di fare o divieti impongano parità di trattamento. Infatti, per acquisire ed espandere una cultura è anzitutto necessario considerare e trattare tutti i moltissimi aspetti e momenti del rapporto tra uomo e donna che sfuggono alla regolamentazione normativa e pure riguardano e determinano la vita di tutti i giorni nell’ambito familiare e sociale. E’ necessario affrontare il problema sociale della meritocrazia, se si vuole ottenere che presenza e ascesa all’interno delle imprese e delle istituzioni derivi alle donne dal merito piuttosto che da imposizioni normative. Bisogna individuare tutte le innovazioni occorrenti perché nell’ambito della famiglia l’attività lavorativa esterna da parte di entrambi i coniugi sia una scelta libera e possibile e perché anche la scelta da parte di uno dei coniugi di attività riservata all’ambito familiare sia libera, assicuri il relativo riconoscimento economico, anche pensionistico, e consenta ad entrambi i coniugi pari disponibilità di tempo libero per coltivare interessi più personali.

Per queste ed altre esigenze, dunque, è importante che l’approccio al problema non sia riduttivo, venga affrontato con la coscienza della sua complessità e venga sostenuto e sviluppato da un lavoro permanente di esame di tutti i suoi aspetti, di indagine, riflessione e dibattito, al quale deve essere non solo consentita ma anche richiesta la partecipazione degli uomini, perché sia la società civile a maturare coscienza, tenere comportamenti e ottenere normativa idonei a stabilire nell’ambito familiare e nei rapporti sociali un nuovo equilibrio che elimini compiutamente ogni forma di discriminazione della donna.

Dunque, è necessario che, subito, vengano attivate sedi, di esame dibattito e decisioni, permanenti e aperte alla partecipazione non solo di quella moltitudine trasversale che ha riempito le piazze ma anche di tutti coloro, donne e uomini, che comunque possano dare apporto, anche maturando la giusta presa di coscienza sul problema.

2 pensieri riguardo “OLTRE LA FESTA DELL’8 MARZO”

  1. A piazza vittorio, l’8 marzo dietro di me vi erano molte donne che invitavano, sibilando, Solfrizzi a farsi da parte..mi sembrava di essere tornata indietro di mille anni luce ed ero a disagio. Credo che la novità sia proprio nella trasversalità del comitato senonoraquando e nel gesto di…”umiltà” di quegli uomini che hanno colto nel nostro risveglio il loro risveglio e -in punta di piedi- vogliono esserci. E penso sia giusto così. Allo stesso modo, se mi aveste chiesto anni fa cosa ne pensassi delle quote rosa vi avrei risposto che le trovavo ridicole e quasi umilianti, ma ora, ora no. Da qualche parte bisogna pur ricominciare. Ci pensavo l’altro giorno vedendo dei vecchi filmati del ’46 quando le donne -spintonandosi, ridendo, affollando i seggi, per la prima volta hanno votato il referendum che ci ha consegnato una Italia repubblicana..che commozione….

    1. Si, Virginia, capisco la tua commozione nel rivedere la conquista della partecipazione al voto da parte delle donne e capisco la giusta impazienza per provvedimenti che aprano alla donna il cammino verso quella parità che le spetta. Parità che non avrebbe neppure bisogno di provvedimenti se solo la cultura dominante si liberasse di quel maschilismo che trova la sua radice nell’ignoranza , l’insensibilità e l’incapacità di vedere nella diversità del genere un invito alla comunione che completa e non una diversità con cui competere, da temere e discriminare. E mi fa piacere saperti d’accordo per la trasversalità della partecipazione al cammino da portare avanti, per non avere solo freddi provvedimenti normativi ma anche cambio di cultura. Dunque, siate voi donne a portare avanti il “pacifico subbuglio” che avete attivato, ma non escludete che gli uomini vi partecipino, anche se “in punta di piedi”.
      Speriamo che questo orientamento prevalga; le premesse ci sono: l’articolo di Daniela Monti, Corriere della Sera del 15 febbraio scorso titola “Cacciare lui? Banale. Noi vogliamo cambiare tutto” e l’intervistata Valeria Fedeli, del comitato “Di nuovo”, dichiara di avvertire che dalla piazza è pervenuta l’investitura per un cambiamento radicale e completo delle cose sociali, avvertendo la complessità del compito, la responsabilità che comporta e l’esigenza di adeguate e ponderate riflessioni. Avete avvertito che vi siete assegnato un compito magnifico, che non può che essere svolto dall’intera società civile. E i commenti all’articolo sono stati positivi: tu hai dichiarato che l’impegno nei fornelli di casa non impedirà la partecipazione di tutte le donne, io ho perorato l’allargamento, trasversale anche per il genere, e l’esigenza di una adeguata organizzazione che assicuri autonoma (dai partiti) permanenza al movimento.

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